Le corde dell’anima: la storia di Mario
Torino è una città che custodisce mille storie, alcune nascoste tra le pieghe delle sue vie, altre conservate nelle memorie di chi le ha vissute. Una di queste storie appartiene a Mario, un uomo dal cuore straordinario che ha trascorso la sua vita tra il lavoro, le sue passioni e un’indomabile generosità.
Mario è morto solo, era una persona riservato. Una vita passata in solitudine: non aveva moglie, né figli. Un uomo dalle piccole cose che amava conservare nel suo appartamento: una cartolina di compleanno un vecchio libro scelto con cura, antiche fotografie custodite come gioielli. Ricordi di una vita semplice e ordinata, rispolverata adesso dai nipoti, che di quello zio ricordavano tanto ma che poi, come spesso succede nella routine che ci consuma, piano piano li aveva portati ad allontanarsi, a perderne le tracce.
Amava la musica: fin da giovane aveva nutrito una passione profonda per la chitarra, aveva imparato da solo a suonarla, passando serate intere a strimpellare accordi e a perfezionare le sue canzoni. Un hobby che, una volta in pensione, decise di mettere a servizio degli altri, di chi era solo come lui, ma a differenza sua viveva tra le mura di una casa di riposo. E così inizia la seconda vita di Mario: con la chitarra sottobraccio sta li seduto su uno sgabello in un angolo di una grigia sala comune che diventa il suo palco, il suo pubblico sono gli anziani ospiti ai quali regala qualche momento di leggerezza, accarezzando le corde in melodie capaci di far riaffiorare ricordi.
La musica ha la capacità di sciogliere il silenzio, di accendere sorrisi, di illuminare gli occhi e lui di questo ne va fiero. Gli anni passarono e Mario continuò a portare la sua musica nei luoghi dove c’era più bisogno di calore, fino a quando anche per lui arrivò il silenzio: in una calda giornata di luglio del 2022 le sue delicate dita smisero di suonare per sempre.
Quando Mario morì, lasciò dietro di sé poche cose materiali, ma un’eredità immensa nei cuori di chi lo aveva conosciuto. I suoi nipoti, che lo ricordavano come uno zio buono e gentile, trovarono le sue chitarre insieme alle loro foto da bambini: i suoi beni più preziosi.
E chissà… forse, in qualche angolo di Torino, tra le pareti di una casa di cura, si sente ancora riecheggiare una melodia dolce. Una musica che allevia il silenzio e porta conforto. La musica di Mario, racchiusa in quelle chitarre che non sono solo strumenti, ma un’eredità di amore e altruismo.
Mario non aveva una famiglia tradizionale, ma ha lasciato dietro di sé una famiglia molto più grande: tutte le persone che, almeno per un momento, hanno trovato sollievo ascoltando la sua musica.
E in fondo, non è forse questa la vera essenza dell’amore?