La sacralità del bosco. Un lascito inaspettato
La foresta più bella, se pur minore, il cosiddetto Bosco Vecchio, era stata completamente rispettata.
Dino Buzzati (Il segreto del Bosco Vecchio)
Protagonista di favole per bambini e adulti, il bosco è un luogo senza tempo, dove folletti danzanti animano la natura, il vento compone sortilegi musicali, i fanciulli affrontano prove terrificanti per diventare uomini, e gli uomini, non senza fatica, recuperano l’elemento magico, tornando per un attimo fanciulli: è così che si compie la ciclicità della vita, ed è qui che l’essere umano, altrettanto ciclicamente, fa ritorno, ogni volta con genuino stupore.
Trovare dei terreni boschivi al centro di un lascito, non solo non cessa di stupire, ma suscita un profondo rispetto verso un mondo antico ma misteriosamente familiare, che va a toccare le corde di una sorta di memoria collettiva a cui la maggior parte delle persone appartiene.
Ereditati dalla famiglia materna, i boschi di Mario sono l’espressione di un universo contadino semplice quanto prezioso, e diventano i testimoni del passaggio di stagioni, di generazioni, di intere epoche, fino ad arrivare ai giorni nostri, in uno straordinario viaggio nel tempo dove, dopo l’oblio dei secoli, tornano a conquistare l’uomo con richiami ancestrali.
Vissuto in affitto per tutta la vita a Torino, senza mai sposarsi e senza una discendenza diretta, Mario, alla sua morte, risulta proprietario di decine e decine di appezzamenti nelle Langhe, dove i vigneti si snodano su colline che degradano dolcemente a perdita d’occhio, e le macchie boschive di noccioli e castagni celano i tartufi più rinomati d’Italia.
Luoghi metafisici ma nel contempo molto fisici, dove si respira un’atmosfera sacra, ma anche l’odore intenso della terra, del fogliame e delle cortecce.
Luoghi che ritrovano un affetto quasi doveroso, per un certo tempo smarrito, ma oggi più che mai riscoperto.
E la foresta più bella, anche la più piccola o la più frammentata, come nel caso di Mario, torna a essere di nuovo rispettata.