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Una eredità provvidenziale

I genealogisti rintracciano gli eredi legittimi di un vecchio parroco.

E poi la Provvidenza mha aiutato finora; maiuterà anche per lavvenire.

Alessandro Manzoni, quasi a sottolineare che un Destino buono per tutti interviene misteriosamente come Provvidenza a risolvere criticità, fa dire questa frase al suo Renzo Tramaglino nei Promessi Sposi.

Ma in questa storia di eredità, a rappresentare quel destino buono, non è la Provvidenza…

La nostra storia comincia a Torino: Mario, studente di teologia, segue la sua vocazione prendendo i voti e diventando capo spirituale di una parrocchia della sua città. Dopo qualche tempo, però, non per mancanza di fede, ma per spirito d’insegnamento, decide di abbandonare il sacerdozio per dedicarsi all’educazione alla religione cristiana presso le scuole.

Figlio unico di una coppia dall’ingente patrimonio immobiliare, Mario trascorre gli anni dividendo la sua vita tra la passione d’insegnante e la sua famiglia, che accudisce con amore.

Di anni ne passano 30, su per giù, e Mario muore senza lasciare né testamento né eredi che possano beneficiare dei tanti beni immobili appartenuti alla sua famiglia.

Coutot-Roehrig viene a conoscenza del caso e decide di occuparsene. Ai genealogisti spetta un compito tutt’altro che facile. Gli alberi genealogici sono articolati, a volte difficili da ricostruire e più il grado di parentela si allontana più le ricerche si fanno complicate. Proprio come un albero, rami di nomi si intersecano, si mescolano, si dividono, portando qua e là in giro per il mondo i ricercatori.

Dopo lunghe indagini tra vecchi registri e documenti parrocchiali, vengono rintracciati gli eredi. Sono parenti lontani, arrivano al quinto grado di parentela con Mario e sono gli unici, legittimi, in vita.

 Ed è così, che, alla fine, tutti i beni di Mario hanno trovato un futuro. Il suo appartamento dove aveva vissuto insieme ai genitori, la villa in Liguria, l’intero stabile di Torino, fino ai possedimenti in denaro depositati in banca, sono stati consegnati ai parenti lontani tra incredulità e felicità.

 

 

 

Il destino li separa, un’eredità li riunisce

Questa storia si dipana tra Biella e la Pennsylvania e a dividere due fratelli non c’è solo un oceano, bensì una sorte tremenda e ingiusta, come solo la vita a volte può esserlo. Ma se il destino separa, un’eredità riunisce.

Anna è una giovane ragazza-madre di Biella che, alla nascita del secondo figlio, si trova suo malgrado costretta a prendere una terribile decisione; se al primogenito riesce infatti, pur con molte difficoltà economiche, a garantire non solo il proprio cognome, ma una casa e un futuro, per il secondo bambino decide di sfidare il destino, affidandolo alle cure di un orfanotrofio della città.

Le vite dei suoi figli Giacomo e Matteo si separano, quando la loro madre si rende conto di non poter assicurare a entrambi una vita dignitosa e sarà costretta a consegnare Matteo alle suore dell’orfanotrofio.

All’età di 4 anni Matteo viene scelto dalla delegazione di un comitato per adozioni internazionali e qui la sua vita si separa per sempre, anche geograficamente, da quella del fratello Giacomo; il bambino viene affidato a una coppia della Pennsylvania, e inizia una nuova vita oltre oceano.

Il bivio è ormai superato, Matteo si sposa, ha 4 figli e non tornerà più in Italia, mentre Giacomo rimane con la madre e, grazie ai sacrifici del suo lavoro, acquista una casa modesta ma dignitosa dove entrambi trascorrono la loro esistenza.

Gli anni passano, i due fratelli non si incontreranno mai e mentre Giacomo finirà i suoi giorni in una casa di cura del biellese, Matteo morirà nel 2018, non senza prima aver riferito ai propri figli delle sue origine italiane.

Ed è a questo punto che entrano in scena gli esperti di Coutot-Roehrig: Matteo lascia i propri averi ai figli, ma per  Giacomo, rimasto solo, si apre la ricerca successoria.

Ricongiungere due famiglie così lontane, rimettere insieme tutti i tasselli e poter dimostrare che i 4 figli di Matteo potevano ereditare il patrimonio, seppur esiguo, di Giacomo, ha comportato un lavoro intenso e lungo, e documenti sparsi tra due continenti.

Ma alla fine Coutot-Roehrig è riuscita a gestire la pratica direttamente in Italia, nonostante una storica pandemia, quella attuale, e riuscendo infine a riallacciare un legame tanto antico quanto profondo.

Non si è trattato infatti di recuperare copiosi averi e ingenti proprietà, Giacomo nel corso della sua esistenza non si era arricchito e la casa in cui aveva vissuto insieme alla madre era frutto dei sacrifici di una vita.

Ma è quel legame ricucito, a essere importante, così tanto da spingere due dei figli di Matteo a richiedere la cittadinanza italiana, esprimendo il desiderio di andare nella casa dove lo zio e la nonna mai conosciuti avevano vissuto, per ricomporre idealmente una famiglia.

Una mamma ritrovata
La storia dell’eredità di Alice

Alice avrebbe forse preferito altro per sé, che un patrimonio consistente in eredità, dopo una vita ad aspettare una mamma sparita nel nulla, ma così il destino ha disposto, quasi a tentare di ripagare tutti quegli anni vissuti in un ricordo che via via andava sbiadendo.

Ed è dai cassetti dei ricordi che Alice ripercorre quel poco di passato che la lega alla madre Maddalena, una giovane donna non sposata, che si guadagna da vivere facendo la parrucchiera, e che non appena scopre di essere incinta viene allontanata dalla sua famiglia.

Siamo a Torino, in epoca postbellica, un periodo in cui mettere al mondo un figlio al di fuori della sacralità del matrimonio rappresenta una grave onta. Per questo che Alice, quando nasce, viene affidata alle cure della famiglia di Graziella, una fidata amica di Maddalena, presente anche al momento del parto.

Quel fagotto di poche ore di vita, avvolto in una coperta, viene portato in gran segreto tra le mura di una famiglia regolare che abita a Porta Nuova, Torino, dove non avrebbe potuto destare grossi sospetti. La vera madre, Maddalena, per 8 anni la va a trovare, cerca di seguire la sua crescita, illudendosi, forse, che così facendo avrebbe mantenuto quell’invisibile cordone ombelicale che la lega a lei.

Alice di queste visite ha vaghi ricordi, gli incontri sono veloci, è come se avesse due mamme, ma solo una, quella acquisita, è colei che la accudisce veramente. Mamma Maddalena, alla fine, è una figura che in più di un’occasione sembra appartenere alla sua fantasia.

Alice cresce, passano gli anni, ne passano per la precisione 8 e arriva il giorno della sua prima comunione, un evento in cui la mamma Maddalena, regalandole una sua foto, le rivela che sarebbe dovuta andar via da Torino per cercare lavoro, ma che sarebbe comunque tornata a riprenderla.

Alice da quel momento aspetta, come solo i bambini sanno aspettare, con pazienza, sofferenza e sognando che prima o poi quel giorno arrivi, perché nonostante l’affetto della famiglia adottiva, lei è la sua mamma che vuole. Passerà i giorni rigirando tra le dita quella foto, non sapendo ancora che per molti anni sarà l’unica cosa che le rimarrà di lei.

Quando viene mandata in colonia in Liguria, Alice viene raggiunta a sorpresa dalla madre per una fugace visita, ma poi, dopo quel giorno, non la incontrerà mai più e continuerà a osservare quella foto molte e molte volte ancora, augurandosi che quel bel volto incorniciato dai capelli scuri e dallo sguardo triste, faccia ancora capolino nella sua vita.

La bambina speranzosa si trasforma in una giovane adulta, si diploma in ragioneria, fa nuove amicizie, ma non smette di sperare, non dimentica la sua vera madre, quella che le aveva promesso di andarsela a riprendere. Cerca di avvicinare il nonno Ettore, il padre di Maddalena, per avere informazioni: ma lui, che viveva nel Canavese, di quella figlia degenere, che aveva partorito fuori dal matrimonio e che aveva disonorato tutta la famiglia, non ne voleva sapere più nulla.

E qui si interrompono per sempre le possibilità di risalire a lei.

Alice conduce la propria vita, si sposa, si separa, poi si innamora di nuovo, ma di figli non ne mette al mondo, quasi che quell’abbandono l’abbia segnata così in profondità da non volersi nemmeno ritrovare dall’altra parte della situazione. Ad un certo punto, come dice lei, si mette il cuore in pace, non pensa più al passato, guarda avanti.

Troppo dolore, troppa attesa e troppa paura di scoprire cose della vita della madre che avrebbero potuto ferirla profondamente.

Ed è proprio quando pensa di aver raggiunto la rassegnazione, all’età di 60 anni e ormai in pensione, che qualcuno bussa alla sua porta e riapre quei cassetti che con fatica aveva chiuso: è la Coutot-Roehrig e le viene annunciato che è la beneficiaria del patrimonio lasciato da Maddalena Pocchiola, la sua mamma naturale.

Subito Alice pensa a uno scherzo, poi di fronte ai documenti e ai fatti si arrende: sua madre era tornata, a suo modo, a riprenderla.

Sì, perché di quel patrimonio consistente in eredità,  un appartamento ad Albisola, due garage, due piccoli appezzamenti di terreno, e un deposito di 300.000 euro, in realtà ne avrebbe forse fatto anche a meno, se avesse potuto cambiarlo con una vita trascorsa vicino alla madre.

Ma è proprio in quella eredità che Alice cercherà di ritrovarne le tracce, di ripercorrerne la vita e di trovare, forse, le risposte di quell’abbandono.

Di Maddalena è riuscita a sapere, grazie alle ricerche dei genealogisti di Coutot-Roehrig, che si era sposata, che non aveva avuto altri figli al di fuori di lei, e che nel 2003 era rimasta vedova, vivendo gli ultimi anni della sua vita in solitudine e senza lasciare alcun testamento.

Proprio da quel particolare e visto il patrimonio apparentemente senza eredi, il Tribunale ha incaricato la società francese di effettuare le ricerche, arrivando così fino ad Alice.

Ora tocca a lei cercare di ricostruire il passato, di trovare risposte, e di scoprire magari, tra vecchi documenti, una sua foto da bimba, che le possa rivelare che in fondo, anche lontana, la sua mamma non l’ha mai dimenticata.