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Una eredità provvidenziale

I genealogisti rintracciano gli eredi legittimi di un vecchio parroco.

E poi la Provvidenza mha aiutato finora; maiuterà anche per lavvenire.

Alessandro Manzoni, quasi a sottolineare che un Destino buono per tutti interviene misteriosamente come Provvidenza a risolvere criticità, fa dire questa frase al suo Renzo Tramaglino nei Promessi Sposi.

Ma in questa storia di eredità, a rappresentare quel destino buono, non è la Provvidenza…

La nostra storia comincia a Torino: Mario, studente di teologia, segue la sua vocazione prendendo i voti e diventando capo spirituale di una parrocchia della sua città. Dopo qualche tempo, però, non per mancanza di fede, ma per spirito d’insegnamento, decide di abbandonare il sacerdozio per dedicarsi all’educazione alla religione cristiana presso le scuole.

Figlio unico di una coppia dall’ingente patrimonio immobiliare, Mario trascorre gli anni dividendo la sua vita tra la passione d’insegnante e la sua famiglia, che accudisce con amore.

Di anni ne passano 30, su per giù, e Mario muore senza lasciare né testamento né eredi che possano beneficiare dei tanti beni immobili appartenuti alla sua famiglia.

Coutot-Roehrig viene a conoscenza del caso e decide di occuparsene. Ai genealogisti spetta un compito tutt’altro che facile. Gli alberi genealogici sono articolati, a volte difficili da ricostruire e più il grado di parentela si allontana più le ricerche si fanno complicate. Proprio come un albero, rami di nomi si intersecano, si mescolano, si dividono, portando qua e là in giro per il mondo i ricercatori.

Dopo lunghe indagini tra vecchi registri e documenti parrocchiali, vengono rintracciati gli eredi. Sono parenti lontani, arrivano al quinto grado di parentela con Mario e sono gli unici, legittimi, in vita.

 Ed è così, che, alla fine, tutti i beni di Mario hanno trovato un futuro. Il suo appartamento dove aveva vissuto insieme ai genitori, la villa in Liguria, l’intero stabile di Torino, fino ai possedimenti in denaro depositati in banca, sono stati consegnati ai parenti lontani tra incredulità e felicità.

 

 

 

Il destino li separa, un’eredità li riunisce

Questa storia si dipana tra Biella e la Pennsylvania e a dividere due fratelli non c’è solo un oceano, bensì una sorte tremenda e ingiusta, come solo la vita a volte può esserlo. Ma se il destino separa, un’eredità riunisce.

Anna è una giovane ragazza-madre di Biella che, alla nascita del secondo figlio, si trova suo malgrado costretta a prendere una terribile decisione; se al primogenito riesce infatti, pur con molte difficoltà economiche, a garantire non solo il proprio cognome, ma una casa e un futuro, per il secondo bambino decide di sfidare il destino, affidandolo alle cure di un orfanotrofio della città.

Le vite dei suoi figli Giacomo e Matteo si separano, quando la loro madre si rende conto di non poter assicurare a entrambi una vita dignitosa e sarà costretta a consegnare Matteo alle suore dell’orfanotrofio.

All’età di 4 anni Matteo viene scelto dalla delegazione di un comitato per adozioni internazionali e qui la sua vita si separa per sempre, anche geograficamente, da quella del fratello Giacomo; il bambino viene affidato a una coppia della Pennsylvania, e inizia una nuova vita oltre oceano.

Il bivio è ormai superato, Matteo si sposa, ha 4 figli e non tornerà più in Italia, mentre Giacomo rimane con la madre e, grazie ai sacrifici del suo lavoro, acquista una casa modesta ma dignitosa dove entrambi trascorrono la loro esistenza.

Gli anni passano, i due fratelli non si incontreranno mai e mentre Giacomo finirà i suoi giorni in una casa di cura del biellese, Matteo morirà nel 2018, non senza prima aver riferito ai propri figli delle sue origine italiane.

Ed è a questo punto che entrano in scena gli esperti di Coutot-Roehrig: Matteo lascia i propri averi ai figli, ma per  Giacomo, rimasto solo, si apre la ricerca successoria.

Ricongiungere due famiglie così lontane, rimettere insieme tutti i tasselli e poter dimostrare che i 4 figli di Matteo potevano ereditare il patrimonio, seppur esiguo, di Giacomo, ha comportato un lavoro intenso e lungo, e documenti sparsi tra due continenti.

Ma alla fine Coutot-Roehrig è riuscita a gestire la pratica direttamente in Italia, nonostante una storica pandemia, quella attuale, e riuscendo infine a riallacciare un legame tanto antico quanto profondo.

Non si è trattato infatti di recuperare copiosi averi e ingenti proprietà, Giacomo nel corso della sua esistenza non si era arricchito e la casa in cui aveva vissuto insieme alla madre era frutto dei sacrifici di una vita.

Ma è quel legame ricucito, a essere importante, così tanto da spingere due dei figli di Matteo a richiedere la cittadinanza italiana, esprimendo il desiderio di andare nella casa dove lo zio e la nonna mai conosciuti avevano vissuto, per ricomporre idealmente una famiglia.

Di archeologia, aviazione femminile e mirabolanti esistenze

Ricerca genealogica per ritrovare l’erede lontano

Spesso il complesso disegno del destino si rivela a posteriori, quando les jeux sont faits, e qualcuno si trova a scoprirne le fitte trame, partendo da un unico filo.

In questo caso quel filo è David (nome di fantasia), che trascorre la propria vita studiando civiltà e culture del passato, e che diventa egli stesso, una volta compiuta la sua esperienza terrena, oggetto di ricerca e indagine.

Questa storia si ambienta in parte a Napoli, dove il padre di David, ebreo di origine svizzere, ha una libreria in piazza del Plebiscito, ma si dirama tenacemente nell’Europa della persecuzione antisemita, passando tragicamente nei campi di sterminio, sostando inaspettatamente in uno sperduto villaggio austriaco, lambendo il continente africano e i suoi cieli, e approdando, infine, in Portogallo.

Affermato archeologo di elevato spessore culturale, David ha una brillante carriera e diventa un punto di riferimento nel mondo accademico grazie a scoperte importanti effettuate in Grecia, a Creta, e sulle coste della Turchia; alla sua morte si presenta il dilemma degli eredi e di un lascito che, mancando una discendenza diretta, rimane in attesa di destinazione.

Coutot-Roehrig ricorderà a lungo questa avventura, fatta di una ricerca genealogica complicata,  indagini che hanno dovuto attraversare i confini nazionali e quelli temporali, cercando di mettere insieme, di nuovo, tutte le tessere di una famiglia dal passato così tormentato.

Una delle sorelle della madre di David risulta infatti drammaticamente scomparsa in un campo di concentramento, mentre una seconda, di cui inizialmente si persero le tracce durante la fuga dalla lunga mano antisemita, è sopravvissuta allo sterminio nascondendosi in un piccolo e sperduto villaggio in Austria, dove si spegnerà senza grande clamore.

A tali informazioni i genealogisti di Coutot-Roehrig approdano dopo reiterati accessi agli archivi storici delle Comunità Ebraiche italiane e non solo, e dopo lunghe ore trascorse a setacciare atti, documenti, manoscritti che portano ad accertare l’inesistenza di eredi di David nel lato materno.

Le ricerche si concentrano quindi sul padre di David, rintracciandone una cugina, Carina (nome di fantasia), che si era rifugiata in Portogallo e la cui mirabolante esistenza ha lasciato una indelebile traccia nel mondo dell’aviazione femminile.

La donna infatti è stata una delle prime aviatrici che nel 1930 ha fatto la traversata dall’Europa all’Africa, battendo il record internazionale di altitudine con un aereo leggero, raggiungendo i 15.900 piedi.

Carina si sposò con un aviatore da cui ebbe due figlie, parenti di quinto grado di David e di fatto sue uniche e legittime eredi.

Contattate dopo un iter di ricerche molto complesso, le due sorelle, già avanti con l’età, non serbavano che offuscati ricordi del lontano cugino, ma accettarono con grande emozione quel lascito proveniente da una storia così lontana e finalmente riscoperta.

 

 

Carmine, il clochard di Pozzuoli

Carmine legittimo erede clochard di un fratello sconosciuto.

La determinazione che occorre per sopravvivere da clochard è la stessa che Coutot-Roehrig impiega nei casi più difficili e più intricati, quelli per cui occorre mettere in gioco la passione per il proprio lavoro.

E non è un caso che questa storia veda proprio coinvolto un clochard, Carmine, che, risultato erede del patrimonio di un fratello sconosciuto, per un certo periodo diventa l’oggetto dell’alacre lavoro di ricerca degli esperti genealogisti.

L’incipit è sempre lo stesso: muore una persona che, apparentemente, è senza eredi diretti e il cui patrimonio, spesso cospicuo, deve trovare un approdo.

Coutot-Roehrig individua abbastanza velocemente l’esistenza di Carmine, fratello del deceduto, che risiederebbe, secondo la documentazione in possesso, a Pozzuoli, ma che, all’indirizzo di residenza, non risulterebbe.

Ma non solo: di questo Carmine, che pare essere svanito nel nulla, nessuno ha più notizie.

Iniziano così le ricerche sul posto, negli uffici dell’anagrafe e in quelli delle locali forze dell’ordine, senza trovare nulla, fino a quando un agente dei vigili urbani scopre l’arcano: l’indirizzo in possesso dei genealogisti altro non era che il recapito generico che si riserva ai S.F.D., i Senza Fissa Dimora.

Non è la risoluzione del mistero, ma è un punto di partenza, una briciola di pane nel bosco che potrebbe servire a far trovare Pollicino.

L’intuizione di lasciare i recapiti a quel vigile affinché potesse chiamare in caso di novità, si rivela vincente: dopo pochi giorni Coutot-Roehrig viene contattata dagli agenti che, avendo visto Carmine in persona, avevano provveduto a consegnargli la comunicazione dell’inaspettata eredità.

Carmine non tarda a chiamare e a rendersi disponibile per incontrare i genealogisti, scoprendo così non solo del patrimonio che gli spettava di diritto, ma anche della morte del fratello di cui non era a conoscenza: sentimenti contrastanti ma comprensibili date le circostanze.

Nessuno in Coutot-Roehrig sa se Carmine oggi viva ancora da clochard, ma di certo gli auguri che non dimentica mai di inviare a Pasqua e a Natale sono un chiaro riconoscimento di ciò che l’inaspettata notizia ha lasciato nella sua vita.

Il fratello che non sapevano di avere

Scoprire di avere un fratello e di esserne addirittura gli eredi: questa è la situazione pirandelliana che ha permesso di ricostruire il passato di un uomo e di una donna e di recuperare, oltre che un patrimonio, i legami familiari recisi anzitempo.

Giorgio muore a Genova, senza aver mai conosciuto il padre e soprattutto i fratelli, dei quali ignorava probabilmente l’esistenza. Nato da una relazione della madre con un uomo sposato, Giorgio trascorre la propria vita ignaro di avere legami di sangue con coloro che successivamente erediteranno il suo patrimonio.

All’epoca i figli nati al di fuori del matrimonio non solo non erano visti di buon grado, ma non potevano essere conosciuti. La madre di Giorgio, per ovviare al problema, si affida a uno stratagemma. Appena prima di partorire torna in Emilia Romagna, nel suo paesino di origine, dove tutti la conoscono e dove può motivare con una banale scusa l’assenza del marito.

Così Giorgio non riceve il cognome della madre, cosa considerata inaccettabile e scandalosa, ma un cognome diverso, al di sopra di ogni vergogna, e si assicura una vita nel rispetto, ignaro di avere un padre diverso da quello che immagina.

La vita trascorre e il destino vuole che Giorgio non abbia diretti discendenti. Alla sua morte, la sua eredità si trova priva di beneficiari. Entrano così in azione i genealogisti di Coutot-Roehrig che iniziano a indagare arrivando, dopo tante ricerche, a Genova.

È qui infatti che vivono ancora i fratellastri, ovvero i figli legittimi del padre di Giorgio, che, totalmente ignari della doppia vita del genitore, alla notizia dell’esistenza di un fratello nato da madre diversa, rimangono piuttosto perplessi. Del resto scoprire che il proprio padre ha avuto una seconda famiglia è complesso e non facile da accettare.

Così si riannodano legami sconosciuti, sfaccettature nuove di vita ormai trascorsa, tanto da riguardare il passato con occhi diversi.

Questo è anche il lavoro degli esperti di Coutot-Roehrig: ricucire vecchi strappi, riagganciare famiglie sparse qua e là, oltre a informare dell’arrivo di un’eredità.

 

patrimonio milionario dallo zio d'oltralpe lasciato agli eredi italiani

Quel carissimo zio di Francia…

Un patrimonio milionario dallo zio d’oltralpe ai suoi eredi italiani.

L’immaginario comune identifica nello zio d’America il danaroso benefattore che, alla sua morte, lascia ingenti tesori a fortunati eredi.

Ma questa storia è leggermente diversa. Qui lo zio proviene dall’oltralpe, ha origine italiane, sparisce dall’Italia per una vita intera tanto da venire quasi dimenticato e, quando riappare, lo fa con un patrimonio milionario.

Adamo nasce nel 1902 nel podere Vecciaio, nelle campagne di Apecchio, piccolo centro a 80 km da Pesaro, ma si trasferisce in Francia negli anni ’20, come tanti emigranti italiani dell’epoca. Inizia a lavorare a Parigi come giardiniere al servizio di una nobildonna, presumibilmente una duchessa; quell’impiego apparentemente umile si rivela la sua fortuna: diventa ben presto il principale confidente della donna che lo introduce nei quartieri nobili della città.

Adamo in poco tempo fonda una propria impresa edile, compra appartamenti e incontra la bella Alma, che sposa.

Torna solo un paio di volte in Italia, con le sue auto di lusso nuove fiammanti, parlando quasi esclusivamente francese: così se lo ricorda il fratello Paolo.

Ma il 18 febbraio del 1967 quella fortuna cessa. Adamo a soli 65 anni muore a Livry-Gargan e lascia la sua ai suoi parenti italiani.

Alma, dopo la morte del marito, non solo rintraccia i parenti, ma si reca ad Apecchio per incontrarli e ospitarli al bar da Dodò.

«Preparatevi a costruire una casa nuova», così esordisce in quell’unica visita ai parenti del marito. Passano 30 anni, anni in cui la donna non li contatterà mai più. Nell’ottobre del 1966, Alma lascia il mondo terreno.

Ed è a questo punto della storia che entra in scena Coutot-Roehrig, ricostruendo la vicenda. I genealogisti recuperano i vari legami famigliari, assemblano l’asse ereditario a partire dall’albero genealogico di Adamo, ritrovandone i parenti.

Il zio di Francia Adamo aveva lasciato un patrimonio composto da beni immobili situati a Parigi: una villa del ’500 e 7 appartamenti, oltre un paio di aziende.

Dei parenti conosciuti da Alma rimanevano due sorelle, che alla notizia di essere le legittime eredi di un cospicuo patrimonio hanno ricordato la sua frase sibillina: «Preparatevi a costruire una casa nuova»…

 

 

La famosa zia Margherita

La famosa zia Margherita e il suo patrimonio senza eredi.

Nei racconti di sua madre di quando era bambino, la zia Margherita era spesso presente e forse il fatto di non averla mai incontrata di persona, ma di averne tanto sentito parlare, ha contribuito alla nascita di una figura misteriosa quanto affascinante.

Rosario, di mestiere broker, sapeva di lei che si era sposata con un uomo italo-svizzero, che viveva tra Roma e Firenze da cui faceva spesso la spola e che ad un certo punto era morta.

Ma nulla di più, non una foto, non un dettaglio sulla sua vita o sulla sua famiglia, solo una presenza costante nelle storie di sua madre.

Fino a quando un cugino di Napoli lo chiama per avvisarlo di una curiosa comunicazione da parte della Coutot-Roehrig: si trattava di una procedura aperta presso il Tribunale di Roma e relativa a una presunta eredità giacente proveniente da una cugina del nonno.

Rosario decide quindi di approfondire e scopre che quella cugina era proprio lei, la zia Margherita e che non avendo avuto figli lasciava un vasto patrimonio. 21 le persone che hanno potuto beneficiare di questa eredità, sparse tra l’Italia e l’Inghilterra, a Londra, tra cui lo stesso Rosario.

L’eredità, formata da due immobili e diversi diritti d’autore, è stata un regalo per ognuno dei discendenti, i quali hanno ricevuto qualche decina di migliaia di euro a testa. Soprattutto, però, ha smosso in Rosario la sopita curiosità nei confronti di questa zia mai conosciuta, il desiderio di approfondire la sua vita, di cui aveva sentito così tanto parlare da bambino.

E così Rosario scopre che la zia Margherita era un personaggio emblematico e carismatico e che famosa lo era davvero: Margherita Cattaneo, giornalista, scrittrice e sceneggiatrice.

Giornalista già nel 1923, probabilmente tra le poche donne in quel periodo, la sua mente brillante e poliedrica la portò a contatto con grandi personaggi della cultura degli anni 30, come ad esempio lo scrittore Ugo Oietti del quale divenne amica e lo scultore Libero Andreotti. Era anche una scrittrice: nel 1935 pubblicò il suo primo romanzo Io nel mezzo, che ottenne il Premio Viareggio. Successivamente fu direttrice responsabile dell’Almanacco della Donna Italiana, un’importante rivista femminile nata negli anni 20. Grazie a lei la rivista vide l’intervento di scrittori e artisti di fama internazionale.

La sua carriera continuò in televisione. Per la RAI scrisse con il regista Umberto Benedetti l’originale televisivo Bandiera Nera e Circuito chiuso della serie Nero Wolfe.

Che personaggio zia Margherita!

Finalmente Rosario aveva chiuso il cerchio su quelli che erano vaghi ricordi ma che avevano suscitato sempre in lui grande fascino.

L’intervento e le ricerche della Coutot-Roehrig hanno permesso ad una delle tante eredità giacenti di essere consegnata ai legittimi eredi evitando che venisse devoluta allo Stato, ma soprattutto, ha svelato il mistero sull’identità della zia Margherita, facendo ritrovare a Rosario un prezioso anello mancante della sua famiglia.

 

Un'eredità senza eredi permette di aiutare il figlio invalido

La speranza per il figlio invalido arriva dall’eredità di una sconosciuta

Un’eredità senza eredi gli permette di aiutare il figlio invalido

Ci hanno messo quasi 100 anni le loro vite ad incontrarsi…

Eufrasia è una signora napoletana, sposata ad un alto ufficiale dell’Aeronautica militare. Rimasta vedova vive la sua vita in solitudine. Non ha figli e muore sola, lasciando un ingente patrimonio senza eredi. 3 milioni di euro: un’eredità enorme accumulata negli anni, che ora rimane ferma.

Esiste poi un signore, che abita a Treviso e che, alla morte della signora Eufrasia, non solo è ancora vivo a dispetto dei suoi 95 anni, ma accudisce un figlio invalido. Una vita fatta di tante difficoltà, anche economiche, non da meno, a quasi 100 anni si fa avanti l’incertezza del futuro: la paura che Il proprio figlio possa avere un domani incerto.

Un giorno, però, succede qualcosa di imprevedibile e talmente incredibile da essere scambiata, di primo acchito, per uno scherzo o addirittura una truffa. Una signora dal delicato accento francese bussa alla porta del signore trevigiano, per annunciargli che ci sono 980mila euro che lo aspettano. È la direttrice della Coutot-Roehrig e, nonostante sia avvezza a dare notizie di questo tipo a persone totalmente ignare, ancora non si è abituata alla meraviglia che suscita la sua visita: del resto, come può reagire un 95enne a un annuncio così strabiliante?

Truffa?  Scherzo?  Errore? I pensieri sono molti perché davvero sembra troppo bello che una tale cifra arrivi all’improvviso. No, è tutto vero e lui si scopre erede legittimo di Eufrasia.

Per quattro anni i genealogisti della Coutot-Roehrig hanno scartabellato fra archivi comunali e parrocchiali, facendo indagini nei vari paesi di nascita dei defunti parenti della signora Eufrasia, arrivando finalmente al 95enne di Treviso. Italia, Svizzera, Inghilterra, così lontani tra di loro sono finiti gli eredi della signora Eufrasia.

Ma lui, che ha 95 anni è il parente più prossimo ed ora grazie a quest’eredità potrà assicurare a suo figlio così sfortunato, tutte quelle cure e le assistenze necessarie per potergli garantire un futuro sereno.

Una mamma ritrovata
La storia dell’eredità di Alice

Alice avrebbe forse preferito altro per sé, che un patrimonio consistente in eredità, dopo una vita ad aspettare una mamma sparita nel nulla, ma così il destino ha disposto, quasi a tentare di ripagare tutti quegli anni vissuti in un ricordo che via via andava sbiadendo.

Ed è dai cassetti dei ricordi che Alice ripercorre quel poco di passato che la lega alla madre Maddalena, una giovane donna non sposata, che si guadagna da vivere facendo la parrucchiera, e che non appena scopre di essere incinta viene allontanata dalla sua famiglia.

Siamo a Torino, in epoca postbellica, un periodo in cui mettere al mondo un figlio al di fuori della sacralità del matrimonio rappresenta una grave onta. Per questo che Alice, quando nasce, viene affidata alle cure della famiglia di Graziella, una fidata amica di Maddalena, presente anche al momento del parto.

Quel fagotto di poche ore di vita, avvolto in una coperta, viene portato in gran segreto tra le mura di una famiglia regolare che abita a Porta Nuova, Torino, dove non avrebbe potuto destare grossi sospetti. La vera madre, Maddalena, per 8 anni la va a trovare, cerca di seguire la sua crescita, illudendosi, forse, che così facendo avrebbe mantenuto quell’invisibile cordone ombelicale che la lega a lei.

Alice di queste visite ha vaghi ricordi, gli incontri sono veloci, è come se avesse due mamme, ma solo una, quella acquisita, è colei che la accudisce veramente. Mamma Maddalena, alla fine, è una figura che in più di un’occasione sembra appartenere alla sua fantasia.

Alice cresce, passano gli anni, ne passano per la precisione 8 e arriva il giorno della sua prima comunione, un evento in cui la mamma Maddalena, regalandole una sua foto, le rivela che sarebbe dovuta andar via da Torino per cercare lavoro, ma che sarebbe comunque tornata a riprenderla.

Alice da quel momento aspetta, come solo i bambini sanno aspettare, con pazienza, sofferenza e sognando che prima o poi quel giorno arrivi, perché nonostante l’affetto della famiglia adottiva, lei è la sua mamma che vuole. Passerà i giorni rigirando tra le dita quella foto, non sapendo ancora che per molti anni sarà l’unica cosa che le rimarrà di lei.

Quando viene mandata in colonia in Liguria, Alice viene raggiunta a sorpresa dalla madre per una fugace visita, ma poi, dopo quel giorno, non la incontrerà mai più e continuerà a osservare quella foto molte e molte volte ancora, augurandosi che quel bel volto incorniciato dai capelli scuri e dallo sguardo triste, faccia ancora capolino nella sua vita.

La bambina speranzosa si trasforma in una giovane adulta, si diploma in ragioneria, fa nuove amicizie, ma non smette di sperare, non dimentica la sua vera madre, quella che le aveva promesso di andarsela a riprendere. Cerca di avvicinare il nonno Ettore, il padre di Maddalena, per avere informazioni: ma lui, che viveva nel Canavese, di quella figlia degenere, che aveva partorito fuori dal matrimonio e che aveva disonorato tutta la famiglia, non ne voleva sapere più nulla.

E qui si interrompono per sempre le possibilità di risalire a lei.

Alice conduce la propria vita, si sposa, si separa, poi si innamora di nuovo, ma di figli non ne mette al mondo, quasi che quell’abbandono l’abbia segnata così in profondità da non volersi nemmeno ritrovare dall’altra parte della situazione. Ad un certo punto, come dice lei, si mette il cuore in pace, non pensa più al passato, guarda avanti.

Troppo dolore, troppa attesa e troppa paura di scoprire cose della vita della madre che avrebbero potuto ferirla profondamente.

Ed è proprio quando pensa di aver raggiunto la rassegnazione, all’età di 60 anni e ormai in pensione, che qualcuno bussa alla sua porta e riapre quei cassetti che con fatica aveva chiuso: è la Coutot-Roehrig e le viene annunciato che è la beneficiaria del patrimonio lasciato da Maddalena Pocchiola, la sua mamma naturale.

Subito Alice pensa a uno scherzo, poi di fronte ai documenti e ai fatti si arrende: sua madre era tornata, a suo modo, a riprenderla.

Sì, perché di quel patrimonio consistente in eredità,  un appartamento ad Albisola, due garage, due piccoli appezzamenti di terreno, e un deposito di 300.000 euro, in realtà ne avrebbe forse fatto anche a meno, se avesse potuto cambiarlo con una vita trascorsa vicino alla madre.

Ma è proprio in quella eredità che Alice cercherà di ritrovarne le tracce, di ripercorrerne la vita e di trovare, forse, le risposte di quell’abbandono.

Di Maddalena è riuscita a sapere, grazie alle ricerche dei genealogisti di Coutot-Roehrig, che si era sposata, che non aveva avuto altri figli al di fuori di lei, e che nel 2003 era rimasta vedova, vivendo gli ultimi anni della sua vita in solitudine e senza lasciare alcun testamento.

Proprio da quel particolare e visto il patrimonio apparentemente senza eredi, il Tribunale ha incaricato la società francese di effettuare le ricerche, arrivando così fino ad Alice.

Ora tocca a lei cercare di ricostruire il passato, di trovare risposte, e di scoprire magari, tra vecchi documenti, una sua foto da bimba, che le possa rivelare che in fondo, anche lontana, la sua mamma non l’ha mai dimenticata.

 

 

Elizabeth S.
storia di una eredità a sorpresa

Era il 2006 quando Coutot-Roehrig bussa alla porta di due fratelli inglesi della middle class, per informarli che la signora Elizabeth S., anziana deceduta a Torino nel 2003, era una loro lontana zia e loro gli eredi inconsapevoli.

Comincia così questa storia: da un vecchio appartamento di Torino dove George e Roy si trovano, tra libri antichi e oggetti impolverati, a vivere, attraverso vecchie fotografie e cartoline, la vita di una zia mai conosciuta, per ritrovare radici lontane che nemmeno sapevano di avere. Sorella della nonna, una nonna mai incontrata e morta giovanissima, Elizabeth non ha avuto una vita semplice. Austria, Svizzera e infine Italia, sono solo alcune delle tappe che ha toccato per scampare all’orrore nazista. Ogni volta un’ Elizabeth diversa. Già, perché la sopravvivenza ha un caro prezzo, il prezzo della propria identità. Quasi impossibile, quindi, trovare gli eredi del suo patrimonio: un milione di euro depositati su un conto corrente tedesco e due case, una a Torino e una a Rapallo, del valore stimato di circa 600 mila di euro.

Lascito che rischia di sparire nel nulla, fino all’arrivo di Coutot-Roehrig.

Ma occorre fare qualche passo indietro per comprendere appieno l’architettura di un lieto fine come questo, perché le eredità e gli eredi non sempre si incontrano subito.

Elizabeth nasce a Vienna da una famiglia ebraica e come tanti ebrei, purtroppo, sarà costretta a scappare per vivere. Durante la guerra percorre mezza Europa per sfuggire ai campi di concentramento nazisti e ai lager dove perde tutta la sua famiglia. Proprio questa fuga rocambolesca, unitamente ai numerosi cambi di identità e alla mancanza di famigliari, devono aver scombinato così tanto le carte da aver reso impossibile, almeno in un primo momento, risalire al suo albero genealogico.

Per molti anni Elizabeth è un fantasma, ha fatto perdere le sue tracce. Senza più punti di riferimento se non se stessa, ha affrontato una delle sfide più dure che la vita le aveva presentato, unica testimone della sua famiglia di quell’orrore che l’aveva sterminata. Poi la guerra finisce ed Elizabeth torna a vivere libera, finalmente padrona del suo futuro. Conosce l’amore, si sposa due volte, ma non conoscerà mai, purtroppo, la gioia di diventare mamma.

Faceva la traduttrice Elizabeth ed è proprio il suo lavoro che l’ha portata a Torino, ultima tappa del suo lungo viaggio.

Una vita quasi da romanzo che non trova pace nemmeno dopo la morte. Apparentemente senza eredi a causa della sua identità fumosa, Elizabeth e il suo patrimonio diventano preda di criminali che, una volta scoperto il valore dell’eredità, mettono in atto stratagemmi e trucchi per impossessarsene.

Coutot-Roehrig, venuta a conoscenza della sua storia e del patrimonio riesce a smascherare le intenzioni dei malfattori che sostenevano, che la donna volesse lasciare la sua eredità ad un’associazione cattolica, dettaglio curioso data la sua origine ebraica.

Così inizia la ricerca dei legittimi eredi.

Un viaggio tra vecchi archivi, a ritroso nel tempo e nelle vicissitudini della signora Elizabeth, quasi a ricucire insieme di nuovo quel drammatico percorso. Una ricerca non facile, perché quella donna in fuga era stata davvero molto abile a diventare ogni volta un’altra donna, e un’altra ancora, tanto da riuscire alla fine a salvarsi dalla mano nazista. Incartamenti, atti di matrimonio, atti di nascita, piste da seguire che hanno portato i genealogisti di Coutot-Roehrig in giro per il mondo, di volta in volta in città diverse, in continenti diversi, con altri archivi da esaminare, altri nomi da cercare, per comporre, proprio come una sinfonia su un pentagramma, l’albero genealogico di Elizabeth.

Dopo 3 anni di lunghe e complesse indagini, eccoli alla porta dei due ignari fratelli inglesi, ai quali, non senza emozione, viene dato l’incredibile annuncio: a loro spetta di diritto l’ingente patrimonio, ma non solo, finalmente possono ricucire a loro volta una trama famigliare oscura.

George e Roy, nutrivano da tempo il desiderio di ricostruire il loro albero genealogico, invano avevano tentato di addentrarsi nel loro passato, trovandosi sempre davanti a un vuoto. In quel vuoto c’era proprio lei, Elizabeth, con la sua incredibile vicenda, il suo trascorso da fuggitiva, e le sue tante identità.

E così, proprio come lei, la storia e gli averi della signora Elizabeth, apparentemente destinati a sparire nell’oblio, hanno fatto un giro lunghissimo attraverso gli anni e il mondo, per tornare, finalmente e definitivamente, in famiglia.