Carmine, il clochard di Pozzuoli

Carmine legittimo erede clochard di un fratello sconosciuto.

La determinazione che occorre per sopravvivere da clochard è la stessa che Coutot-Roehrig impiega nei casi più difficili e più intricati, quelli per cui occorre mettere in gioco la passione per il proprio lavoro.

E non è un caso che questa storia veda proprio coinvolto un clochard, Carmine, che, risultato erede del patrimonio di un fratello sconosciuto, per un certo periodo diventa l’oggetto dell’alacre lavoro di ricerca degli esperti genealogisti.

L’incipit è sempre lo stesso: muore una persona che, apparentemente, è senza eredi diretti e il cui patrimonio, spesso cospicuo, deve trovare un approdo.

Coutot-Roehrig individua abbastanza velocemente l’esistenza di Carmine, fratello del deceduto, che risiederebbe, secondo la documentazione in possesso, a Pozzuoli, ma che, all’indirizzo di residenza, non risulterebbe.

Ma non solo: di questo Carmine, che pare essere svanito nel nulla, nessuno ha più notizie.

Iniziano così le ricerche sul posto, negli uffici dell’anagrafe e in quelli delle locali forze dell’ordine, senza trovare nulla, fino a quando un agente dei vigili urbani scopre l’arcano: l’indirizzo in possesso dei genealogisti altro non era che il recapito generico che si riserva ai S.F.D., i Senza Fissa Dimora.

Non è la risoluzione del mistero, ma è un punto di partenza, una briciola di pane nel bosco che potrebbe servire a far trovare Pollicino.

L’intuizione di lasciare i recapiti a quel vigile affinché potesse chiamare in caso di novità, si rivela vincente: dopo pochi giorni Coutot-Roehrig viene contattata dagli agenti che, avendo visto Carmine in persona, avevano provveduto a consegnargli la comunicazione dell’inaspettata eredità.

Carmine non tarda a chiamare e a rendersi disponibile per incontrare i genealogisti, scoprendo così non solo del patrimonio che gli spettava di diritto, ma anche della morte del fratello di cui non era a conoscenza: sentimenti contrastanti ma comprensibili date le circostanze.

Nessuno in Coutot-Roehrig sa se Carmine oggi viva ancora da clochard, ma di certo gli auguri che non dimentica mai di inviare a Pasqua e a Natale sono un chiaro riconoscimento di ciò che l’inaspettata notizia ha lasciato nella sua vita.

L'appassionato cartografo e il suo patrimonio

L’appassionato cartografo e il suo patrimonio senza eredi

L’appassionato cartografo  e il suo patrimonio senza eredi che arriva nel Museo Archeologico di Bolzano.

Ci sono interessi e passioni nella vita di un uomo che riescono a sfidare il tempo: lo attraversano in lungo e in largo e finiscono per diventare così preziosi da riposare in un museo, dove tutti possono goderne la bellezza.

Christoph, nome di fantasia, è stato un uomo che ha riempito la propria vita, e letteralmente anche la propria casa, dei suoi maggiori interessi: ingegnere residente a Bolzano insieme alla moglie Karola, amava l’archeologia e la geologia, con una spiccata predilezione per la cartografia.

Attento studioso del Trentino Alto Adige, Christoph è stato il primo a individuare dei ruderi risalenti a 10mila anni fa che rappresentano uno dei tre più importanti allineamenti astronomici del Süd Tirol, zona che aveva mappato con pazienza e precisione certosine, realizzando rilievi millimetrici che coloro che si occupano di cartografia moderna prendono come principale riferimento ancora oggi.

Morto a 82 anni, Christoph aveva accumulato un patrimonio di rilevanza culturale inaudita, che includeva, oltre alle preziose cartine, documenti fondamentali per la storia del territorio e del Paese, come quelli relativi ai siti archeologici risalenti alla prima guerra mondiale e ai primi anni ‘70 del secolo scorso.

E poi i diari, dove raccoglieva tutte le sue osservazioni, i taccuini, dove annotava informazioni accurate e fondamentali, e le foto: la sua collaborazione con gli enti museali della zona era probabilmente motivo di vanto e di orgoglio, ma certamente ha rappresentato una risorsa inestimabile.

Dopo la morte della vedova Karola, tutto l’inestimabile patrimonio culturale ed economico è rimasto in attesa di una collocazione, mancando apparentemente eredi diretti; un patrimonio difficile da gestire, formato non solo da appartamenti, quadri e arredi di notevole caratura, e conti bancari, ma soprattutto da beni di grandissimo valore culturale e scientifico, che, seppure privi di valore commerciale, potevano suscitare un elevato interesse negli addetti ai lavori.

Ed è così che l’intervento degli esperti della Coutot-Roehrig ha potuto destinare ogni componente dell’ingente patrimonio: con meticolosa pazienza è stato inventariato tutto il materiale, seguendo complesse procedure per tutelare nel contempo gli interessi di coloro che sono risultati gli eredi, ovvero dei cugini residenti in Austria e che vagamente ricordavano Christoph e Karola.

In questo preciso caso Coutot-Roehrig ha diretto una vera e propria orchestra polifonica, collaborando da un lato con i funzionari dell’ufficio beni archeologici della provincia di Bolzano, che hanno subito espresso interesse nel 90% del materiale trovato e che hanno partecipato ai sopralluoghi nell’abitazione della coppia, e occupandosi dall’altro di rintracciare i cugini, di tutelarne gli interessi, di organizzare, per il tramite di un’importante Casa d’Aste della zona, la vendita dei beni di pregio e di consegnare infine l’ingente patrimonio ai fortunatissimi, nonché increduli, eredi.

Ancora oggi, presso il Museo Archeologico di Bolzano, è possibile ammirare e apprezzare l’intensità della passione di Christoph.

 

Il fratello che non sapevano di avere

Scoprire di avere un fratello e di esserne addirittura gli eredi: questa è la situazione pirandelliana che ha permesso di ricostruire il passato di un uomo e di una donna e di recuperare, oltre che un patrimonio, i legami familiari recisi anzitempo.

Giorgio muore a Genova, senza aver mai conosciuto il padre e soprattutto i fratelli, dei quali ignorava probabilmente l’esistenza. Nato da una relazione della madre con un uomo sposato, Giorgio trascorre la propria vita ignaro di avere legami di sangue con coloro che successivamente erediteranno il suo patrimonio.

All’epoca i figli nati al di fuori del matrimonio non solo non erano visti di buon grado, ma non potevano essere conosciuti. La madre di Giorgio, per ovviare al problema, si affida a uno stratagemma. Appena prima di partorire torna in Emilia Romagna, nel suo paesino di origine, dove tutti la conoscono e dove può motivare con una banale scusa l’assenza del marito.

Così Giorgio non riceve il cognome della madre, cosa considerata inaccettabile e scandalosa, ma un cognome diverso, al di sopra di ogni vergogna, e si assicura una vita nel rispetto, ignaro di avere un padre diverso da quello che immagina.

La vita trascorre e il destino vuole che Giorgio non abbia diretti discendenti. Alla sua morte, la sua eredità si trova priva di beneficiari. Entrano così in azione i genealogisti di Coutot-Roehrig che iniziano a indagare arrivando, dopo tante ricerche, a Genova.

È qui infatti che vivono ancora i fratellastri, ovvero i figli legittimi del padre di Giorgio, che, totalmente ignari della doppia vita del genitore, alla notizia dell’esistenza di un fratello nato da madre diversa, rimangono piuttosto perplessi. Del resto scoprire che il proprio padre ha avuto una seconda famiglia è complesso e non facile da accettare.

Così si riannodano legami sconosciuti, sfaccettature nuove di vita ormai trascorsa, tanto da riguardare il passato con occhi diversi.

Questo è anche il lavoro degli esperti di Coutot-Roehrig: ricucire vecchi strappi, riagganciare famiglie sparse qua e là, oltre a informare dell’arrivo di un’eredità.

 

patrimonio milionario dallo zio d'oltralpe lasciato agli eredi italiani

Quel carissimo zio di Francia…

Un patrimonio milionario dallo zio d’oltralpe ai suoi eredi italiani.

L’immaginario comune identifica nello zio d’America il danaroso benefattore che, alla sua morte, lascia ingenti tesori a fortunati eredi.

Ma questa storia è leggermente diversa. Qui lo zio proviene dall’oltralpe, ha origine italiane, sparisce dall’Italia per una vita intera tanto da venire quasi dimenticato e, quando riappare, lo fa con un patrimonio milionario.

Adamo nasce nel 1902 nel podere Vecciaio, nelle campagne di Apecchio, piccolo centro a 80 km da Pesaro, ma si trasferisce in Francia negli anni ’20, come tanti emigranti italiani dell’epoca. Inizia a lavorare a Parigi come giardiniere al servizio di una nobildonna, presumibilmente una duchessa; quell’impiego apparentemente umile si rivela la sua fortuna: diventa ben presto il principale confidente della donna che lo introduce nei quartieri nobili della città.

Adamo in poco tempo fonda una propria impresa edile, compra appartamenti e incontra la bella Alma, che sposa.

Torna solo un paio di volte in Italia, con le sue auto di lusso nuove fiammanti, parlando quasi esclusivamente francese: così se lo ricorda il fratello Paolo.

Ma il 18 febbraio del 1967 quella fortuna cessa. Adamo a soli 65 anni muore a Livry-Gargan e lascia la sua ai suoi parenti italiani.

Alma, dopo la morte del marito, non solo rintraccia i parenti, ma si reca ad Apecchio per incontrarli e ospitarli al bar da Dodò.

«Preparatevi a costruire una casa nuova», così esordisce in quell’unica visita ai parenti del marito. Passano 30 anni, anni in cui la donna non li contatterà mai più. Nell’ottobre del 1966, Alma lascia il mondo terreno.

Ed è a questo punto della storia che entra in scena Coutot-Roehrig, ricostruendo la vicenda. I genealogisti recuperano i vari legami famigliari, assemblano l’asse ereditario a partire dall’albero genealogico di Adamo, ritrovandone i parenti.

Il zio di Francia Adamo aveva lasciato un patrimonio composto da beni immobili situati a Parigi: una villa del ’500 e 7 appartamenti, oltre un paio di aziende.

Dei parenti conosciuti da Alma rimanevano due sorelle, che alla notizia di essere le legittime eredi di un cospicuo patrimonio hanno ricordato la sua frase sibillina: «Preparatevi a costruire una casa nuova»…

 

 

La famosa zia Margherita

La famosa zia Margherita e il suo patrimonio senza eredi.

Nei racconti di sua madre di quando era bambino, la zia Margherita era spesso presente e forse il fatto di non averla mai incontrata di persona, ma di averne tanto sentito parlare, ha contribuito alla nascita di una figura misteriosa quanto affascinante.

Rosario, di mestiere broker, sapeva di lei che si era sposata con un uomo italo-svizzero, che viveva tra Roma e Firenze da cui faceva spesso la spola e che ad un certo punto era morta.

Ma nulla di più, non una foto, non un dettaglio sulla sua vita o sulla sua famiglia, solo una presenza costante nelle storie di sua madre.

Fino a quando un cugino di Napoli lo chiama per avvisarlo di una curiosa comunicazione da parte della Coutot-Roehrig: si trattava di una procedura aperta presso il Tribunale di Roma e relativa a una presunta eredità giacente proveniente da una cugina del nonno.

Rosario decide quindi di approfondire e scopre che quella cugina era proprio lei, la zia Margherita e che non avendo avuto figli lasciava un vasto patrimonio. 21 le persone che hanno potuto beneficiare di questa eredità, sparse tra l’Italia e l’Inghilterra, a Londra, tra cui lo stesso Rosario.

L’eredità, formata da due immobili e diversi diritti d’autore, è stata un regalo per ognuno dei discendenti, i quali hanno ricevuto qualche decina di migliaia di euro a testa. Soprattutto, però, ha smosso in Rosario la sopita curiosità nei confronti di questa zia mai conosciuta, il desiderio di approfondire la sua vita, di cui aveva sentito così tanto parlare da bambino.

E così Rosario scopre che la zia Margherita era un personaggio emblematico e carismatico e che famosa lo era davvero: Margherita Cattaneo, giornalista, scrittrice e sceneggiatrice.

Giornalista già nel 1923, probabilmente tra le poche donne in quel periodo, la sua mente brillante e poliedrica la portò a contatto con grandi personaggi della cultura degli anni 30, come ad esempio lo scrittore Ugo Oietti del quale divenne amica e lo scultore Libero Andreotti. Era anche una scrittrice: nel 1935 pubblicò il suo primo romanzo Io nel mezzo, che ottenne il Premio Viareggio. Successivamente fu direttrice responsabile dell’Almanacco della Donna Italiana, un’importante rivista femminile nata negli anni 20. Grazie a lei la rivista vide l’intervento di scrittori e artisti di fama internazionale.

La sua carriera continuò in televisione. Per la RAI scrisse con il regista Umberto Benedetti l’originale televisivo Bandiera Nera e Circuito chiuso della serie Nero Wolfe.

Che personaggio zia Margherita!

Finalmente Rosario aveva chiuso il cerchio su quelli che erano vaghi ricordi ma che avevano suscitato sempre in lui grande fascino.

L’intervento e le ricerche della Coutot-Roehrig hanno permesso ad una delle tante eredità giacenti di essere consegnata ai legittimi eredi evitando che venisse devoluta allo Stato, ma soprattutto, ha svelato il mistero sull’identità della zia Margherita, facendo ritrovare a Rosario un prezioso anello mancante della sua famiglia.

 

Un'eredità senza eredi permette di aiutare il figlio invalido

La speranza per il figlio invalido arriva dall’eredità di una sconosciuta

Un’eredità senza eredi gli permette di aiutare il figlio invalido

Ci hanno messo quasi 100 anni le loro vite ad incontrarsi…

Eufrasia è una signora napoletana, sposata ad un alto ufficiale dell’Aeronautica militare. Rimasta vedova vive la sua vita in solitudine. Non ha figli e muore sola, lasciando un ingente patrimonio senza eredi. 3 milioni di euro: un’eredità enorme accumulata negli anni, che ora rimane ferma.

Esiste poi un signore, che abita a Treviso e che, alla morte della signora Eufrasia, non solo è ancora vivo a dispetto dei suoi 95 anni, ma accudisce un figlio invalido. Una vita fatta di tante difficoltà, anche economiche, non da meno, a quasi 100 anni si fa avanti l’incertezza del futuro: la paura che Il proprio figlio possa avere un domani incerto.

Un giorno, però, succede qualcosa di imprevedibile e talmente incredibile da essere scambiata, di primo acchito, per uno scherzo o addirittura una truffa. Una signora dal delicato accento francese bussa alla porta del signore trevigiano, per annunciargli che ci sono 980mila euro che lo aspettano. È la direttrice della Coutot-Roehrig e, nonostante sia avvezza a dare notizie di questo tipo a persone totalmente ignare, ancora non si è abituata alla meraviglia che suscita la sua visita: del resto, come può reagire un 95enne a un annuncio così strabiliante?

Truffa?  Scherzo?  Errore? I pensieri sono molti perché davvero sembra troppo bello che una tale cifra arrivi all’improvviso. No, è tutto vero e lui si scopre erede legittimo di Eufrasia.

Per quattro anni i genealogisti della Coutot-Roehrig hanno scartabellato fra archivi comunali e parrocchiali, facendo indagini nei vari paesi di nascita dei defunti parenti della signora Eufrasia, arrivando finalmente al 95enne di Treviso. Italia, Svizzera, Inghilterra, così lontani tra di loro sono finiti gli eredi della signora Eufrasia.

Ma lui, che ha 95 anni è il parente più prossimo ed ora grazie a quest’eredità potrà assicurare a suo figlio così sfortunato, tutte quelle cure e le assistenze necessarie per potergli garantire un futuro sereno.

Una mamma ritrovata
La storia dell’eredità di Alice

Alice avrebbe forse preferito altro per sé, che un patrimonio consistente in eredità, dopo una vita ad aspettare una mamma sparita nel nulla, ma così il destino ha disposto, quasi a tentare di ripagare tutti quegli anni vissuti in un ricordo che via via andava sbiadendo.

Ed è dai cassetti dei ricordi che Alice ripercorre quel poco di passato che la lega alla madre Maddalena, una giovane donna non sposata, che si guadagna da vivere facendo la parrucchiera, e che non appena scopre di essere incinta viene allontanata dalla sua famiglia.

Siamo a Torino, in epoca postbellica, un periodo in cui mettere al mondo un figlio al di fuori della sacralità del matrimonio rappresenta una grave onta. Per questo che Alice, quando nasce, viene affidata alle cure della famiglia di Graziella, una fidata amica di Maddalena, presente anche al momento del parto.

Quel fagotto di poche ore di vita, avvolto in una coperta, viene portato in gran segreto tra le mura di una famiglia regolare che abita a Porta Nuova, Torino, dove non avrebbe potuto destare grossi sospetti. La vera madre, Maddalena, per 8 anni la va a trovare, cerca di seguire la sua crescita, illudendosi, forse, che così facendo avrebbe mantenuto quell’invisibile cordone ombelicale che la lega a lei.

Alice di queste visite ha vaghi ricordi, gli incontri sono veloci, è come se avesse due mamme, ma solo una, quella acquisita, è colei che la accudisce veramente. Mamma Maddalena, alla fine, è una figura che in più di un’occasione sembra appartenere alla sua fantasia.

Alice cresce, passano gli anni, ne passano per la precisione 8 e arriva il giorno della sua prima comunione, un evento in cui la mamma Maddalena, regalandole una sua foto, le rivela che sarebbe dovuta andar via da Torino per cercare lavoro, ma che sarebbe comunque tornata a riprenderla.

Alice da quel momento aspetta, come solo i bambini sanno aspettare, con pazienza, sofferenza e sognando che prima o poi quel giorno arrivi, perché nonostante l’affetto della famiglia adottiva, lei è la sua mamma che vuole. Passerà i giorni rigirando tra le dita quella foto, non sapendo ancora che per molti anni sarà l’unica cosa che le rimarrà di lei.

Quando viene mandata in colonia in Liguria, Alice viene raggiunta a sorpresa dalla madre per una fugace visita, ma poi, dopo quel giorno, non la incontrerà mai più e continuerà a osservare quella foto molte e molte volte ancora, augurandosi che quel bel volto incorniciato dai capelli scuri e dallo sguardo triste, faccia ancora capolino nella sua vita.

La bambina speranzosa si trasforma in una giovane adulta, si diploma in ragioneria, fa nuove amicizie, ma non smette di sperare, non dimentica la sua vera madre, quella che le aveva promesso di andarsela a riprendere. Cerca di avvicinare il nonno Ettore, il padre di Maddalena, per avere informazioni: ma lui, che viveva nel Canavese, di quella figlia degenere, che aveva partorito fuori dal matrimonio e che aveva disonorato tutta la famiglia, non ne voleva sapere più nulla.

E qui si interrompono per sempre le possibilità di risalire a lei.

Alice conduce la propria vita, si sposa, si separa, poi si innamora di nuovo, ma di figli non ne mette al mondo, quasi che quell’abbandono l’abbia segnata così in profondità da non volersi nemmeno ritrovare dall’altra parte della situazione. Ad un certo punto, come dice lei, si mette il cuore in pace, non pensa più al passato, guarda avanti.

Troppo dolore, troppa attesa e troppa paura di scoprire cose della vita della madre che avrebbero potuto ferirla profondamente.

Ed è proprio quando pensa di aver raggiunto la rassegnazione, all’età di 60 anni e ormai in pensione, che qualcuno bussa alla sua porta e riapre quei cassetti che con fatica aveva chiuso: è la Coutot-Roehrig e le viene annunciato che è la beneficiaria del patrimonio lasciato da Maddalena Pocchiola, la sua mamma naturale.

Subito Alice pensa a uno scherzo, poi di fronte ai documenti e ai fatti si arrende: sua madre era tornata, a suo modo, a riprenderla.

Sì, perché di quel patrimonio consistente in eredità,  un appartamento ad Albisola, due garage, due piccoli appezzamenti di terreno, e un deposito di 300.000 euro, in realtà ne avrebbe forse fatto anche a meno, se avesse potuto cambiarlo con una vita trascorsa vicino alla madre.

Ma è proprio in quella eredità che Alice cercherà di ritrovarne le tracce, di ripercorrerne la vita e di trovare, forse, le risposte di quell’abbandono.

Di Maddalena è riuscita a sapere, grazie alle ricerche dei genealogisti di Coutot-Roehrig, che si era sposata, che non aveva avuto altri figli al di fuori di lei, e che nel 2003 era rimasta vedova, vivendo gli ultimi anni della sua vita in solitudine e senza lasciare alcun testamento.

Proprio da quel particolare e visto il patrimonio apparentemente senza eredi, il Tribunale ha incaricato la società francese di effettuare le ricerche, arrivando così fino ad Alice.

Ora tocca a lei cercare di ricostruire il passato, di trovare risposte, e di scoprire magari, tra vecchi documenti, una sua foto da bimba, che le possa rivelare che in fondo, anche lontana, la sua mamma non l’ha mai dimenticata.

 

 

Elizabeth S.
storia di una eredità a sorpresa

Era il 2006 quando Coutot-Roehrig bussa alla porta di due fratelli inglesi della middle class, per informarli che la signora Elizabeth S., anziana deceduta a Torino nel 2003, era una loro lontana zia e loro gli eredi inconsapevoli.

Comincia così questa storia: da un vecchio appartamento di Torino dove George e Roy si trovano, tra libri antichi e oggetti impolverati, a vivere, attraverso vecchie fotografie e cartoline, la vita di una zia mai conosciuta, per ritrovare radici lontane che nemmeno sapevano di avere. Sorella della nonna, una nonna mai incontrata e morta giovanissima, Elizabeth non ha avuto una vita semplice. Austria, Svizzera e infine Italia, sono solo alcune delle tappe che ha toccato per scampare all’orrore nazista. Ogni volta un’ Elizabeth diversa. Già, perché la sopravvivenza ha un caro prezzo, il prezzo della propria identità. Quasi impossibile, quindi, trovare gli eredi del suo patrimonio: un milione di euro depositati su un conto corrente tedesco e due case, una a Torino e una a Rapallo, del valore stimato di circa 600 mila di euro.

Lascito che rischia di sparire nel nulla, fino all’arrivo di Coutot-Roehrig.

Ma occorre fare qualche passo indietro per comprendere appieno l’architettura di un lieto fine come questo, perché le eredità e gli eredi non sempre si incontrano subito.

Elizabeth nasce a Vienna da una famiglia ebraica e come tanti ebrei, purtroppo, sarà costretta a scappare per vivere. Durante la guerra percorre mezza Europa per sfuggire ai campi di concentramento nazisti e ai lager dove perde tutta la sua famiglia. Proprio questa fuga rocambolesca, unitamente ai numerosi cambi di identità e alla mancanza di famigliari, devono aver scombinato così tanto le carte da aver reso impossibile, almeno in un primo momento, risalire al suo albero genealogico.

Per molti anni Elizabeth è un fantasma, ha fatto perdere le sue tracce. Senza più punti di riferimento se non se stessa, ha affrontato una delle sfide più dure che la vita le aveva presentato, unica testimone della sua famiglia di quell’orrore che l’aveva sterminata. Poi la guerra finisce ed Elizabeth torna a vivere libera, finalmente padrona del suo futuro. Conosce l’amore, si sposa due volte, ma non conoscerà mai, purtroppo, la gioia di diventare mamma.

Faceva la traduttrice Elizabeth ed è proprio il suo lavoro che l’ha portata a Torino, ultima tappa del suo lungo viaggio.

Una vita quasi da romanzo che non trova pace nemmeno dopo la morte. Apparentemente senza eredi a causa della sua identità fumosa, Elizabeth e il suo patrimonio diventano preda di criminali che, una volta scoperto il valore dell’eredità, mettono in atto stratagemmi e trucchi per impossessarsene.

Coutot-Roehrig, venuta a conoscenza della sua storia e del patrimonio riesce a smascherare le intenzioni dei malfattori che sostenevano, che la donna volesse lasciare la sua eredità ad un’associazione cattolica, dettaglio curioso data la sua origine ebraica.

Così inizia la ricerca dei legittimi eredi.

Un viaggio tra vecchi archivi, a ritroso nel tempo e nelle vicissitudini della signora Elizabeth, quasi a ricucire insieme di nuovo quel drammatico percorso. Una ricerca non facile, perché quella donna in fuga era stata davvero molto abile a diventare ogni volta un’altra donna, e un’altra ancora, tanto da riuscire alla fine a salvarsi dalla mano nazista. Incartamenti, atti di matrimonio, atti di nascita, piste da seguire che hanno portato i genealogisti di Coutot-Roehrig in giro per il mondo, di volta in volta in città diverse, in continenti diversi, con altri archivi da esaminare, altri nomi da cercare, per comporre, proprio come una sinfonia su un pentagramma, l’albero genealogico di Elizabeth.

Dopo 3 anni di lunghe e complesse indagini, eccoli alla porta dei due ignari fratelli inglesi, ai quali, non senza emozione, viene dato l’incredibile annuncio: a loro spetta di diritto l’ingente patrimonio, ma non solo, finalmente possono ricucire a loro volta una trama famigliare oscura.

George e Roy, nutrivano da tempo il desiderio di ricostruire il loro albero genealogico, invano avevano tentato di addentrarsi nel loro passato, trovandosi sempre davanti a un vuoto. In quel vuoto c’era proprio lei, Elizabeth, con la sua incredibile vicenda, il suo trascorso da fuggitiva, e le sue tante identità.

E così, proprio come lei, la storia e gli averi della signora Elizabeth, apparentemente destinati a sparire nell’oblio, hanno fatto un giro lunghissimo attraverso gli anni e il mondo, per tornare, finalmente e definitivamente, in famiglia.

Christine M.

Christine M. nacque a New York nel 1943, di nazionalità americana. Dopo aver ricevuto in eredità una casa a Portofino si trasferì in Italia.

Qualche anno più tardi vendette la casa e acquistò un appartamento a Santa Margherita Ligure, dove visse per il resto della sua vita. Di origine nobile, Christine M. in Italia fece un’intensa vita sociale, frequentò salotti importanti e luoghi di cultura.

Purtroppo però si manifestarono ben presto problemi di natura psichica. Prigioniera di paure ossessive, aveva barricato tutte le finestre di casa, scriveva in modo compulsivo diari dove annotava ogni singola spesa, ogni suo spostamento. Di tanto in tanto spariva e girava l’Italia con grossi zaini. Negli ultimi anni della sua vita girovagava come una barbona, a volte anche nuda, per le strade di Santa Margherita.

Christine M. morì nel 2005 a Lavagna, nell’ospedale dove era stata ricoverata per problemi mentali. Alla sua morte nessun erede era conosciuto. Il Consolato Americano aveva cercato di rintracciare la famiglia, ma senza risultati. Le ricerche risultavano estremamente complicate.

Ricevuto l’incarico, abbiamo iniziato a ricostruire l’albero genealogico della defunta, figlia unica di padre americano e madre italiana, discendente da nobile famiglia.

Lunghe e complicate ricerche genealogiche iniziate in America, proseguite poi in Italia, si sono infine concluse a Philadelfia con l’individuazione di due eredi, cugine della mamma di Christine, nate nel 1917 e nel 1921. Quando le abbiamo contattate, è stato per loro una grande sorpresa perché da tantissimi anni avevano perso le tracce della figlia della loro cugina.

In tempi brevi abbiamo ottenuto un mandato dalle due eredi e proceduto a verificare e liquidare il patrimonio lasciato dalla defunta. L’attivo ereditario in Italia era composto dall’appartamento dove viveva in Santa Margherita Ligure e da un cospicuo conto aperto presso una banca della stessa città.

Una volta effettuati tutti gli adempimenti amministrativi e fiscali (accettazione dell’eredità, inventario dei beni, presentazione della denuncia di successione all’agenzia delle entrate di Rapallo, pagamento dell’imposta di successione…) è stato possibile accedere alla sua abitazione. Abbiamo così scoperto la storia della sua vita, in particolare grazie alla lettura dei diari personali, sono stati ricostruiti i suoi vari spostamenti tra Italia, Stati Uniti e Svizzera.

Sopratutto abbiamo individuato rapporti con banche americane e svizzere. In Svizzera, forse a causa del grande riserbo che contraddistingue le banche, non è ancora emerso nulla, ma le investigazioni proseguono. Dall’America sono invece arrivate buone notizie: sono stati ritrovati diversi trust, di cui uno di due milioni di dollari. Le varie banche americane hanno riferito che erano alla ricerca della signora Christine M. da tanti anni, in quanto era l’ultima erede di un’importante e ricca famiglia. Alcuni trust cui Christine M. aveva diritto erano stati istituiti addirittura agli inizi del 1900. Effettuate in America tutte le formalità per lo svincolo dei trust, le eredi hanno potuto riscuotere le loro rispettive quote.

La Sirena Dell’Avenue Hoche

Alto, bruno, sportivo, Félicien Prist era anche un uomo molto abile. Dottore in Diritto, aveva aperto uno studio di Consigliere Giuridico a Parigi, nell’Avenue Hoche, e aveva rapidamente avuto molta fortuna. Il suo punto debole erano le donne.

Si circondava di belle segretarie, che pagava bene, e che solitamente non tardavano a scivolare nel suo letto. Si stancava però velocemente e l’eletta di turno veniva congedata con un regalo e rapidamente sostituita come segretaria e come amante.

Félicien era infatti sposato, ma non conviveva più con sua moglie, la quale viveva tutto l’anno a Cannes. Libero da ogni restrizione, restava un amico sincero, sempre preoccupato che a lei non mancasse niente. Ad ogni trasferta che lo portava sulla Costa Azzurra, prevedeva sempre qualche giornata a fianco della moglie.

Félicien Prist aveva circa cinquant’anni quando conobbe Brigitte Mareille, trentaduenne bionda molto astuta e abile segretaria di direzione. Brigitte non subì la solita sorte riservata alle altre segretarie.

Mentre imponeva la sua capacità professionale, imponeva contemporaneamente il suo fascino al suo capo, mantenendo però uno stretto riservo. Sembrava che non capisse o non giudicasse come serie le proposte di Félicien, sconcertato da un comportamento al quale non era abituato.

Félicien divenne naturalmente sempre più impaziente: con il pretesto di un appuntamento in periferia per il quale aveva bisogno della sua assistenza, invitò Brigitte a pranzo in un celebre ristorante di Rueil. Ancora una volta, lei lo sorprese con il suo tatto, la sua discrezione, e anche una reale cultura e Félicien si sentiva diventare preda di un nuovo sentimento che gli ricordava gli entusiasmi della sua adolescenza. Ritenendo che fosse il momento opportuno Brigitte cedette alle sue avances.

Brigitte riuscì a trasformare il donnaiolo impenitente in amante fedele e attento. Promossa collaboratrice di alto livello, diventò la compagna dichiarata di Félicien. Vivevano ormai come marito e moglie e la maggior parte dei loro amici e conoscenti li credevano sposati.

Brigitte cominciò a preoccuparsi del suo futuro. Félicien, rimasto vedovo sei anni prima, aveva sempre rifiutato di ascoltare le allusioni che lei faceva su una possibile regolarizzazione della loro unione. Tutto ciò che aveva ottenuto era il beneficio di un’assicurazione sulla vita che le garantiva una rendita che lei giudicava modesta. Gli eventi intanto precipitarono. Una notte troppo agitata portò a Félicien un infarto che parafrasò un’esistenza molto piena. Brigitte corse dal suo notaio. Lui confermò l’assenza di un testamento e la necessità di ricercare gli eredi, tramite il nostro intervento quali genealogisti. Da quel momento, avrebbe fatto mettere i sigilli al domicilio del suo cliente.

Brigitte non rinunciava comunque alle sue speranze. Qualche ora dopo, nel letto del suo nuovo amante, in tutta urgenza, tentò di rimanere incinta. Nonostante la quarantina appena raggiunta, riuscì nel suo scopo. Non appena fu certa della sua gravidanza, annunciò che avrebbe messo al mondo un figlio di Félicien. il noto concubinato in cui avevano vissuto permetteva un riconoscimento giudiziale di paternità.

Da parte nostra, avevamo ritrovato i cugini di Félicien ai quali la legge attribuiva l’eredità in mancanza di testamento e di discendenza. A questa notizia, Brigitte ottenne dal presidente del Tribunale la nomina di un sequestro amministrativo per proteggere gli interessi dell’atteso bambino. Noi richiedemmo allora che si procedesse con un inventario, esaminando tutti i documenti del defunto, per chiarire la situazione che ci sembrava sospetta. E voilà il colpo di scena: nella cassetta di sicurezza, aperta da uno specialista, il notaio trovò un testamento redatto da Félicien, dopo la morte della moglie. Il testo essenziale diceva: “ Privato della felicità di avere dei discendenti da una malattia di giovinezza che mi ha reso sterile, desidero che la mia fortuna sia divisa tra coloro dei miei cugini che abbiano almeno quattro figli …”. A questa lettura, che smascherò il suo inganno, Brigitte sprofondò sotto i mormorii indignati. Quanto a noi, dovemmo soltanto riprendere le ricerche già iniziate e i termini del testamento. Una dozzina di cugini si videro ricompensati del loro ardore di mettere al mondo dei piccoli Francesi. Quanto a Brigitte, donna dalle molte risorse, fu abbastanza abile da farsi sposare dal padre del suo bambino, contemporaneamente conquistato e rassegnato.

Privato della felicità di avere dei discendenti da una malattia di giovinezza che mi ha reso sterile, desidero che la mia fortuna sia divisa tra coloro dei miei cugini che abbiano almeno quattro figli.

Tratto da “Histoires d’Heritages – Souvenirs d’un Généalogiste“ Maurice Coutot.